Con il decreto firmato il 27 giugno 2025, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha dato attuazione all’articolo 14 del Decreto legislativo n. 192/2024. Il provvedimento introduce una misura agevolativa che consente alle imprese di versare un’imposta sostitutiva del 10% su alcune riserve in sospensione d’imposta, rendendole pienamente distribuibili senza ulteriori carichi fiscali.
La misura si rivolge a riserve che risultino già iscritte nel bilancio dell’esercizio 2023 e che non siano state utilizzate o distribuite entro la fine del 2024.
Un passo verso l’allineamento tra bilancio e fisco
La nuova disciplina si inserisce in un contesto normativo più ampio, che mira ad armonizzare i valori civilistici con quelli fiscali. Negli ultimi anni, il legislatore ha più volte introdotto norme che rafforzano il legame tra rappresentazione contabile e rilevanza fiscale. Si pensi, ad esempio, al principio di “derivazione rafforzata” previsto dall’articolo 83 del TUIR, o all’articolo 9 dello stesso Dlgs 192/2024, che riconosce effetti fiscali alla corretta imputazione di poste di bilancio.
A cosa serve l’affrancamento
La disciplina consente di “liberare” alcune riserve che, in assenza dell’intervento normativo, sarebbero tassate in caso di distribuzione. In concreto, le società possono pagare un’imposta sostitutiva pari al 10% del valore della riserva per evitare l’imposizione ordinaria, che sarebbe altrimenti ben più onerosa.
Le tipologie di riserve affrancabili sono principalmente due:
- I saldi attivi di rivalutazione derivanti da precedenti leggi di rivalutazione dei beni;
- Le riserve e i fondi in sospensione d’imposta, normalmente soggetti a tassazione in caso di distribuzione o utilizzo.
Il caso delle rivalutazioni: una doppia leva
Le leggi di rivalutazione del passato permettevano alle imprese, su base facoltativa, di attribuire un maggior valore ai beni iscritti a bilancio. In cambio, era richiesto il versamento di un’imposta sostitutiva, che consentiva il riconoscimento fiscale di tale valore.
Parallelamente, nel patrimonio netto veniva iscritta una riserva (saldo attivo di rivalutazione) pari al maggior valore contabile, al netto dell’imposta versata. Questa riserva, tuttavia, restava in sospensione d’imposta, ossia non poteva essere distribuita liberamente senza generare tassazione.
Con il nuovo decreto, le imprese possono versare un’ulteriore imposta sostitutiva del 10% su tale saldo attivo, rendendolo definitivamente disponibile per una futura distribuzione, senza ulteriori impatti fiscali.
È importante sottolineare che, in caso di affrancamento, non spetta l’eventuale credito d’imposta previsto dalle normative originarie di rivalutazione.
Un esempio pratico
Supponiamo che una società abbia effettuato una rivalutazione di beni per un valore di 1.000 euro. Per ottenere il riconoscimento fiscale, ha pagato un’imposta sostitutiva di 120 euro. La riserva iscritta in bilancio sarà quindi pari a 880 euro (1.000 – 120), in sospensione d’imposta.
In base al nuovo decreto, la società può decidere di affrancare questa riserva, versando un’imposta sostitutiva del 10% (ossia 88 euro). In questo modo, potrà distribuire la riserva liberamente, senza ulteriori imposte al momento della distribuzione.
Anche i fondi da riallineamento rientrano nella misura
Il decreto estende la possibilità di affrancamento anche ai fondi e alle riserve nate da operazioni di riallineamento fiscale. A differenza delle rivalutazioni, nel riallineamento il valore di bilancio è già presente, ma la legge consente di “agganciarlo” fiscalmente previo pagamento di un’imposta sostitutiva.
Anche in questo caso, il saldo iscritto come riserva in sospensione d’imposta potrà essere liberato dalla tassazione ordinaria attraverso il pagamento del 10%.
Limiti e condizioni dell’affrancamento agevolato delle riserve
Ci sono però alcune condizioni da rispettare:
- Le riserve devono risultare iscritte nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2023;
- Devono ancora esistere nel bilancio dell’esercizio 2024;
- Non devono essere già state deliberate per la distribuzione prima dell’inizio del 2025.
Inoltre, la disciplina non incide sul trattamento fiscale in capo ai soci: nei casi di società di capitali, la distribuzione comporta tassazione del dividendo; per le società di persone, invece, il reddito è già stato tassato per trasparenza, e quindi non subisce ulteriori imposte.
Come funziona il versamento
Il pagamento dell’imposta sostitutiva può avvenire:
- Integralmente, per l’intera riserva affrancabile;
- Parzialmente, per la sola parte di riserva che si intende “liberare”.
Il versamento è suddiviso in quattro rate annuali di pari importo, senza interessi:
- La prima rata va pagata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi 2024;
- Le successive tre vanno versate entro gli stessi termini relativi agli anni 2025, 2026 e 2027.
Affrancamento agevolato delle riserve: adempimenti e casi particolari
Per perfezionare l’affrancamento, è obbligatorio indicare nella dichiarazione dei redditi relativa al 2024:
- L’ammontare delle riserve affrancate;
- L’importo dell’imposta sostitutiva versata.
La norma si applica anche in caso di:
- Trasformazione da società soggetta a IRES a società IRPEF (e viceversa);
- Stabili organizzazioni di soggetti esteri, per le riserve presenti nel rendiconto patrimoniale.
Un’opportunità per liberare risorse fiscali nell’affrancamento agevolato delle riserve
Questa misura rappresenta una valida opportunità di pianificazione fiscale. Attraverso il versamento dell’imposta sostitutiva, le imprese possono sbloccare risorse patrimoniali, rendendole disponibili per operazioni straordinarie, distribuzioni ai soci o ricapitalizzazioni interne, senza subire la pressione della tassazione ordinaria.
La valutazione dell’opportunità andrà fatta caso per caso, tenendo conto delle caratteristiche del bilancio, delle riserve presenti e degli obiettivi dell’impresa.
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