L’Agenzia delle Entrate, tramite la risposta n. 135/2025, ha fornito nuove delucidazioni in merito al trattamento fiscale delle plusvalenze e degli altri redditi generati dalle criptoattività.
Il contesto: i dubbi di una PMI innovativa
Una PMI innovativa, regolarmente iscritta nel Registro degli operatori in valute virtuali presso l’OAM (Organismo degli Agenti e dei Mediatori), ha sottoposto all’Amministrazione finanziaria una serie di interrogativi riguardanti la propria attività. La società in questione offre ai clienti una piattaforma che consente la gestione di criptoattività, con servizi che includono l’exchange, lo staking e i wallet custodial.
L’obiettivo della società è quello di permettere ai propri clienti di optare per il regime fiscale amministrato per la gestione delle plusvalenze e degli altri redditi derivanti dalle operazioni in criptovalute. A tal fine, ha presentato cinque domande specifiche.
I quesiti posti all’Agenzia
La PMI ha chiesto chiarimenti su come calcolare le plusvalenze nei seguenti casi:
- Se il cliente trasferisce le criptovalute verso un proprio wallet self-custodial.
- Quando il cliente effettua il trasferimento verso un wallet di sua proprietà presso un altro exchange.
- Se il cliente revoca l’adesione al regime amministrato.
- Quando la società riceve criptovalute da wallet (sia self-custodial sia presso altri exchange) appartenenti ai clienti stessi o a soggetti terzi.
Inoltre, la PMI ha chiesto come calcolare correttamente il costo d’acquisto delle criptovalute.
Le soluzioni proposte dalla PMI sulle plusvalenze da criptoattività
In relazione ai primi due quesiti, la società ritiene di non dover operare come sostituto d’imposta qualora il cliente trasferisca le criptoattività verso un wallet self-custodial o verso un proprio wallet ospitato presso un altro exchange. Per verificare l’effettiva proprietà di tali wallet, la PMI propone di acquisire una dichiarazione del cliente, resa in forma audio-video o scritta, in cui egli attesti di essere il titolare del wallet di destinazione. Qualora però il trasferimento non sia accompagnato da documentazione idonea, lo stesso verrebbe considerato come una cessione a titolo oneroso, con conseguente rilevanza fiscale.
Nel caso in cui un cliente revochi l’opzione per il regime amministrato, la società ritiene che non si producano né plusvalenze né minusvalenze, ma che debba continuare a operare come sostituto d’imposta fino alla fine dell’anno solare in corso.
Depositi ricevuti in criptovalute
Per quanto riguarda i depositi ricevuti in criptovalute da wallet intestati ai clienti stessi (indipendentemente dal fatto che si tratti di wallet self-custodial o ospitati da altri exchange), la PMI ritiene che non si configuri alcuna fattispecie imponibile. Tuttavia, ritiene di dover accertare il valore fiscale delle criptovalute ricevute. In mancanza di documentazione ufficiale rilasciata da un intermediario, la determinazione del costo dovrà essere supportata da una dichiarazione resa dal cliente – sempre in forma audio-video o scritta.
Infine, per quanto riguarda la determinazione delle plusvalenze in regime amministrato, la società ritiene corretto utilizzare il criterio del costo medio ponderato, senza tener conto del valore effettivo di vendita.
Il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate sulle plusvalenze da criptoattività
L’Agenzia fonda la sua risposta sui commi da 126 a 147 dell’articolo 1 della Legge n. 197/2022 (Legge di bilancio 2023), integrati dalla circolare n. 30/E del 27 ottobre 2023.
Relativamente ai primi due quesiti, l’Agenzia conferma che non si deve determinare alcuna plusvalenza nel momento del trasferimento delle criptovalute, purché il contribuente sia in grado di documentare in maniera adeguata che il wallet di destinazione – sia esso self-custodial o presso altro exchange – sia effettivamente di sua proprietà. Tuttavia, la sola dichiarazione del cliente non è sufficiente: occorre una prova documentale che lo dimostri.
Nel caso di revoca dell’opzione per il regime amministrato, la società dovrà continuare a svolgere il ruolo di sostituto d’imposta fino al 31 dicembre dell’anno in cui la revoca è stata effettuata. In tale circostanza, dovrà comunicare al cliente i valori di carico delle criptoattività presenti nel wallet e, in caso di minusvalenze residue, indicare il periodo d’imposta di realizzazione. Queste minusvalenze potranno poi essere compensate con plusvalenze future generate da altre criptoattività, nel medesimo periodo d’imposta o nei quattro successivi.
Per quanto concerne i depositi di criptovaluta provenienti da wallet intestati ai clienti stessi, l’Agenzia chiarisce che non è possibile basarsi su semplici dichiarazioni sostitutive del contribuente. Qualora manchi la documentazione che certifichi il valore d’acquisto delle criptoattività, l’intermediario dovrà considerare tale valore pari a zero. La documentazione ammissibile può includere, ad esempio, ricevute bancarie relative all’acquisto o altri documenti ufficiali rilasciati da intermediari coinvolti nella transazione.
Valore d’acquisto: criteri di determinazione
Infine, l’Agenzia risponde al quesito sul metodo da utilizzare per calcolare il costo di acquisto delle valute virtuali. Il valore da considerare è quello medio ponderato, calcolato per ciascuna categoria omogenea di attività finanziaria. Questo approccio consente all’intermediario di determinare le plusvalenze, le minusvalenze e gli altri redditi diversi in modo uniforme e coerente.
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